giovedì 31 luglio 2008

Thymus serpyllum

Il Timo serpillo (thymus serpyllum) é un piccolo arbusto aromatico, perenne e cespuglioso, originario delle regioni mediterranee. Esistente allo stato selvatico, è tra le piante aromatiche più conosciute e apprezzate per il suo uso culinario, terapeutico e ornamentale. Sui Monti Lepini è molto diffuso. Il suo fusto é strisciante e molto ramificato. Le foglie sono piccole e di colore verde-grigio, i fiori sono di colore bianco-rosato o lilla. Il timo fiorisce dalla primavera all'estate. Della pianta si utilizzano le sommità fiorite e le foglie, fresche o essiccate. Le foglie sono più aromatiche quando la pianta é in fiore. Il timo serpillo é una varietà di timo molto apprezzata in cucina per la delicatezza dell'aroma: rispetto al timo comune contiene infatti una minor quantità di timolo ed olio essenziale. Il timo serpillo possiede proprietà benefiche per l'apparato respiratorio; in medicina naturale viene utilizzato, oltre che per le sue virtù antisettiche, aperitive, antispasmodiche, digestive, espettoranti, anche come detergente e disinfettante della pelle. In cucina il timo serpillo é utilizzato in molteplici preparazioni, dalle minestre alle carni, dalle frittate al pesce e anche nei sughi. E’ un rimedio naturale contro la forfora, l'infuso di timo e rosmarino si usa nell'ultimo risciacquo dei capelli. Sembra inoltre che il timo, aggiunto nelle salamoie e nelle carni conservate, prevenga la formazione di muffe.

martedì 29 luglio 2008

Il Monte Pizzone

Monti Lepini: La vetta del Monte Pizzone

giovedì 24 luglio 2008

Croce di Capreo

Nel 1651 furono poste, dagli abitanti di Carpineto Romano, 3 croci sulla sommità del monte Capreo. La croce di mezzo, adornata delle reliquie dei SS. Vittorio, Felice, Fortunato e Fulgenzio, fu tolta dal convento di San Pietro e portata sul Monte Capreo in processione. Nel 1864 furono benedette 3 nuove croci, essendo state abbattute quelle collocate in precedenza. Il 5 settembre 1896, nell'ultima seduta generale del XIV Congresso Cattolico Italiano radunato in Fiesole, veniva annunciata l'iniziativa, già approvata e benedetta da Papa Leone XIII, per rendere omaggio a Gesù Cristo Redentore. Si formava il Comitato Locale Romano, presieduto dal Comm. Filippo Tolli, che aveva in diverse diocesi italiane dei corrispondenti, attraverso i quali portare ad esecuzione pratica l'idea che, fra tante, fu la prescelta dal Comitato Romano: consacrare 19 monti di diverse regioni italiane con la costruzione di altrettanti Monumenti a Gesù Cristo Redentore. La posa della prima pietra avvenne il 26 agosto 1900 e la costruzione terminò il 29 agosto 1901. La base del monumento è una piramide tronca, di m. 5 di lato, alta m. 7 su cui si innalza una croce in ferro battuto, alta m. 20,50, del peso di 38 quintali, con raggiera di m. 4 di diametro. All’interno il basamento presenta un ampio riparo. A causa di danni irreparabili, mediante pubblica sottoscrizione e interessamento della Regione Lazio, venne ricostruito nel dopoguerra.

martedì 22 luglio 2008

Pian delle Faggeta - Monte Capreo. Itinerario

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Profilo Altimetrico
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martedì 15 luglio 2008

Festa della Madonna di Collemezzo

Dall’abitato di Montelanico si prende la strada che porta verso il Campo di Montelanico dove si parcheggia l’automobile. L’escursione inizia in località “Puzzo Novo” e prosegue verso la “Pantana Camenardo” superata la quale si entra nella “Riserva Volubro” dove si trova un esemplare secolare di pianta di carpino. Oltre la riserva, in direzione sud, si entra nella “Valle Le Gotte” e, proprio in prossimità del sentiero, si può ammirare una pianta maestosa di quercia. L’escursione prosegue sempre all’interno della “Valle Le Gotte” verso “La Grotticella”, una sorgente di antica epoca romana e quindi, in prossimità dell’inizio del sentiero si arriva ad un bosco con diversi esemplari secolari di cerri, faggi e carpini. Dalla “Valle le Gotte” si ritorna quindi in località “Puzzo Novo” dopo circa 2h e 30min di escursione.
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Quota partenza: 788 m
Quota massima: N/A
Dislivello totale: inesistente
Difficoltà: bassa
Distanza: 4.500 m
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Tempo totale: 2h 30min
Ascesa: 1h 15min
Discesa: 1h 15min

giovedì 10 luglio 2008

Marmellata di more

Ingredienti
- 1,5 kg di more;
- 400 grammi di zucchero;

Preparazione
Lavare accuratamente le more, privarle del picciolo e metterle in una pentola antiaderente. Farle cuocere a fuoco dolce per circa 10 minuti e comunque finchè non si siano ridotte in poltiglia. Passare le more con un passaverdura i cui buchi non siano comunque molto larghi per eliminare i semini e i residui, quindi aggiungere lo zucchero e rimettere sul fuoco rimestando continuamente, fin quando la marmellata non si sarà addensata. Fare la prova piattino se la marmellata non scende sarà pronta. Versare la marmellata ancora bollente dei vasetti, che vanno chiusi e capovolti, finchè non saranno freddi.

martedì 8 luglio 2008

Taxus baccata

Il Tasso (Taxus baccata) è un albero sempreverde dell'ordine delle conifere. Ha una crescita molto lenta, per questo motivo in natura spesso si presenta sotto forma di piccolo albero o arbusto. In condizioni ottimali può raggiungere i 15–20 metri di altezza. La chioma ha forma globosa irregolare, i rami sono verdi e molto bassi. La corteccia é di colore bruno rossastro, inizialmente è liscia ma con l'età si solleva arricciandosi e dividendosi in placche. Le foglie sono lineari, leggermente arcuate, lunghe fino a 3 cm e di colore verde molto scuro nella pagina superiore, più chiare inferiormente; sono inserite sui rami con un andamento a spirale, in due file opposte. Sono molto velenose. I fiori maschili sono raggruppati in amenti, quelli femminili si trasformano in arilli. La pianta non produce frutti. Quelli che sembrano i frutti in realtà sono degli arilli, ovvero delle escrescenze carnose che ricoprono il seme. Inizialmente verdi, rossi a maturità, contengono un solo seme, duro e molto velenoso. La polpa invece è innocua e commestibile, viene mangiata dagli uccelli che ne favoriscono la diffusione. Gli animali mangiano i frutti, che non vengono macinati e digeriti perché mortali. Quando l'animale li espelle essi sono ancora intatti e si insediano nel terreno dando origine ad una nuova pianta, il tasso è quindi una pianta zoofila, che si serve degli animali per riprodursi. Senza gli animali gli arilli cadrebbero al suolo e non crescerebbero per la mancanza di luce e la concorrenza con la pianta madre per i sali minerali del terreno. In Italia si trova in zone montane, non molto frequentemente. Sui Monti Lepini sono presenti diversi esemplari. Nella foresta Umbra del Gargano, nella zona di Palena, Pescocostanzo provincia dell'Aquila e nella Riserva naturale guidata Zompo lo Schioppo (AQ) sono presenti diversi esemplari imponenti. Il Parco dei Nebrodi ospita, all'interno del bosco della Tassita, alcuni esemplari maestosi che raggiungono i 25 m di altezza.

Il principio attivo responsabile della tossicità di rami, foglie e semi, dove è presente in percentuale variabile fra lo 0,5 e il 2%, è una molecola estremamente complessa chiamata taxolo. Ha effetto narcotico e paralizzante sull'uomo e su molti animali domestici, a causa dell'inibizione nella sintesi dei microtubuli a livello cellulare. Gli organi che ne contengono di più sono le foglie vecchie. C'è però da dire ,invero, che molte di queste sostanze tossiche alle dosi presenti nella pianta, possono essere usate come principi attivi di prodotti chemioterapici per la lotta ad alcune forme di cancro.

Il nome comune deriva dal greco taxon che significa "freccia", e l'appellativo di “albero della morte” nasce proprio dal suo impiego nella fabbricazione di dardi velenosi e dalla sua caratteristica tossicità.

Storicamente il tasso è il legno per eccellenza nella costruzione di archi, e sin dalla preistoria è attestato il suo utilizzo per la fabbricazione di quest'arma. Ma la fama acquisita dal legno di questa pianta è dovuta soprattutto alla larghissima diffusione che ebbe durante il Medioevo nella costruzione di archi da guerra, soprattutto in Inghilterra (il famoso arco lungo era di tasso). Le caratteristiche che lo rendono così adatto alla fabbricazione di archi sono l'enorme resistenza, sia alla compressione che alla trazione, e l'incredibile elasticità.

giovedì 3 luglio 2008

Rosa canina

La Rosa canina è una delle innumerevoli specie di rose selvatiche comuni nelle nostre campagne, soprattutto nell'Appennino; si trova facilmente in tutta Europa e forma siepi alte fino a 3-4-metri. Questa pianta deve il nome “canina” a Plinio il vecchio che affermava che un soldato romano fu guarito dalla rabbia con un decotto di radici. È l'antenata delle rose coltivate. È un arbusto spinoso, alto 100 - 200 cm. Ha fusti legnosi glabri, con spine (rosse) robuste, arcuate, a base allungata, compresse. Le foglie sono composte da 5-7 foglioline ovali o ellittiche con margini dentati (denti semplici). I fiori, rosati hanno grandi petali e sono poco profumati. Fiorisce nei mesi di maggio e giugno. I suoi frutti carnosi e colorati in modo vivace (cinorroidi) raggiungono la maturazione nel tardo autunno. Viene largamente usata per i suoi contenuti di vitamina C e per il suo contenuto di bioflavonoidi (fitoestrogeni). I principi attivi (oltre alla vitamina C, tannini, acidi organici, pectine, carotenoidi e polifenoli) vengono usati dalle industrie farmaceutiche, alimentari e cosmetiche: fiori e foglie vengono usati in farmacopea, ad esempio, per la preparazione di infusi e tisane. I semi vengono utilizzati per la preparazione di antiparassitari ed i petali dei fiori per il miele rosato. Con i frutti si preparano ottime marmellate. I piccoli frutti della Rosa canina, risultano essere le "sorgenti naturali" più concentrate in Vitamina C, presente in quantità fino a 50-100 volte superiore rispetto agli agrumi tradizionali (arance e limoni) e per questo in grado di contribuire al rafforzamento delle difese naturali dell'organismo. (100 grammi di cinorrodonti contengono la stessa quantità di vitamina C o acido ascorbico contenuta in 1 chilo di agrumi). I Bioflavonoidi, presenti nelle polpa e nella buccia di numerosi frutti, esercitano un'azione sinergica alla Vitamina C, favorendone l'assorbimento da parte dell'organismo.

martedì 1 luglio 2008

Juniperus oxycedrus

Il Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus) è una pianta della famiglia delle Cupressacee. Pianta arbustiva sempreverde che presenta un aspetto molto mutevole a seconda della zona di coltivazione. E’ una pianta spinosa, dalla crescita lenta, e cresce dove il clima é mite. Sui Monti Lepini forma cespugli più o meno alti. Le foglie sono aghiformi, di color verde argenteo. I piccoli fiori sono di colore giallo chiaro e appaiono in tarda primavera o all'inizio dell'estate. I frutti del ginepro sono bacche chiamate in botanica "galbuli", che, prima di giungere a maturazione, cambiando il colore verde in un viola scuro, con riflessi argentei, restano da due e tre anni sulla pianta. Ogni cespo presenta quindi contemporaneamente frutti maturi e frutti acerbi, ancora verdi. I galbuli presentano forma arrotondata, sono lievemente cerati, resinosi e molto aromatici. Il ginepro è pianta comune nei luoghi incolti situati presso il mare come in montagna, ove cresce numeroso nella zona del faggio, del castagno e delle querce. Questo arbusto è tipico dell'area mediterranea nella quale aleggia il suo piacevole profumo; predilige un terreno ben drenato, leggero, anche arido e un po'alcalino. Le bacche sono usate per aromatizzare arrosti, stufati e ripieni e per la preparazione di liquori; il distillato di ginepro è infatti alla base del "gin". Se, per cuocere le carni alla griglia, viene usata della legna di ginepro, questa comunica ai cibi il suo aroma. Le bacche del ginepro contengono un olio balsamico che ha proprietà stimolanti, disinfettanti, digestive, diuretiche e sudorifere. Per disinfettare la bocca e combattere l'alitosi si possono masticare 5 o 6 bacche fresche al giorno; sempre con le bacche fresche si prepara un decotto che favorisce la digestione e può risultare utile nel caso di malattie respiratorie. Poiché‚ può nuocere ai reni il decotto di ginepro va però sempre assunto, per uso interno, sotto stretto controllo medico. Se viene usato esternamente, per esempio aggiungendolo all'acqua del bagno, non presenta alcuna controindicazione ed è tonificante e riscaldante. L'intera pianta, se viene bruciata, deodora e rinfresca gli ambienti.