domenica 9 agosto 2015

Il brigante Gasparoni


Iniziamo con il famigerato Gasparoni, il più temuto, che nelle montagne di Abruzzo aveva ai suoi ordini un vero e proprio esercito, e riusciva a spostarsi facilmente da una regione all'altra dello Stato Pontificio e di quello borbonico, mettendo in scacco le forze dell'ordine. Nel maggio del 1824, dopo tre giorni di gozzoviglie nei dintorni di Priverno, ove s'era ricongiunto con Michele Feodi altro capobanda, Gasparoni passò nella foresta di Cisterna, continuazione della foresta di Terracina, la quale, essendo percorsa dalla via Appia, costituiva per i briganti una zona ideale per le loro imprese. Difatti, attestatisi nella località «Pizzo del cardinale» e favoriti dalla luce lunare, assalirono una carrozza proveniente da Napoli con dentro due ufficiali austriaci diretti alla loro patria. Però fecero appena in tempo a rifugiarsi nel bosco con i due malcapitati, portando via due cassette di ordinanza, che giunse una scorta militare e aprì subito il fuoco.

Quell'impresa fruttò un magro bottino: due spade, un orologio d'oro e, racchiusi nelle casse, biancheria, uniformi, specchi e bottiglie di profumi. I due ufficiali, rimasti «puliti», ma senza aver subito vessazioni, furono lasciati liberi e potettero riprendere il viaggio con la stessa carrozza. Gasparoni quindi con i suoi seguaci si allontanò da quella località e risalendo le alture che sovrastano Cori, aggirando le falde occidentali di Monte Lupone, raggiunse all'alba l'altipiano di Collemezzo, una lunga distesa contornata da folti boschi e delimitata dai confini di Carpineto Romano, Norma e Montelanico. I banditi trascorsero colà l'intera giornata e si divisero il bottino della sera precedente con il gioco della conta, e giacché volevano appropriarsene solo «gli anziani», dovettero quindi sottostare all'ordine del capo. Il Feodi, irritato per essere rimasto «all'asciutto», abbandonò Gasparoni, ma dopo qualche mese trovò la morte nei pressi di Veroli.

La presenza di Gasparoni in questa zona dei Monti Lepini aveva uno scopo ben determinato: sequestrare il Signor Francesco Rossetti, Vice Governatore di Montelanico, il più ricco possidente del paese. Tale azione, da tempo progettata, doveva attuarsi durante la notte nello stesso palazzo del designato, che si affaccia sulla piazza principale o «borgo» del paese, distante da Collemezzo poco più di un'ora di cammino. Se non che, per un caso fortuito, quel progetto subì una variante; difatti verso L'imbrunire di quel giorno si presentò per essere aggregato alla sua banda, un certo Angelo Iranelli fuggito da Montelanico per aver commesso un omicidio durante una partita di gioco. Gasparoni, perché il colpo non gli fallisse, si affrettò a chiedere informazioni e consigli al nuovo venuto, il quale riferì che, in giornata, la persona da sequestrare aveva lasciato il paese per recarsi a controllare il suo bestiame e la raccolta del fieno lungo i «Colli di Gavignano», di cui era affittuario, ed avrebbe pernottato nella ex abbazia di Rossilli, dall'aspetto d'una casa fortificata e annessa al Santuario omonimo. Dopo queste informazioni Gasparoni decise di dirigersi durante la notte verso la meta designata, guidato dallo stesso Iranelli e, all'alba del 6 giugno 1824, raggiunsero un bosco poco lontano dal fabbricato di Rossilli. Dopo aver studiato in giornata il piano d'azione, il capo, al calar del sole, mandò verso il casale cinque dei suoi più spericolati che, indossate le divise tolte agli ufficiali austriaci e con il pretesto di chiedere acqua fresca da bere, avrebbero dovuto effettuare il colpo. Il Rossetti, che se ne stava tranquillamente seduto sulla porta d'ingresso, alla vista poco rassicurante di quei militari. improvvisati, si rinserrò sprangando l'uscio e agli uomini che bussando chiedevano acqua, rispose che potevano attingerla ad una fontana esterna del fabbricato. A questo punto i malintenzionati lanciarono un fischio acuto e a quel segnale, Gasparoni e gli altri della banda, usciti dal bosco, raggiunsero il gruppetto e a colpi di scure forzarono la porta. Il Rossetti, ritenuta inutile ogni resistenza, spalancò il portone e, a mani alzate, supplicò che gli venisse risparmiata la vita. Il capo dei briganti promise che non gli sarebbe stato torto nemmeno un capello, a condizione però che avesse sacrificato tutto il suo oro e il suo bestiame. Probabilmente il ricattato avrebbe potuto avere la meglio sugli aggressori, poiché con lui c'erano quattro robusti guardiani armati di fucili e sopra un grosso tavolo v'erano mucchi di cartucce già preparate, nonché carniere ripieno di munizioni. Ma in simili frangenti sappiamo come vanno le cose: lo spavento e lo smarrimento indussero quel poveretto a sottostare agli ordini risoluti di Gasparoni, che lo condusse oltre le montagne di Gorga ove rimase per 10 giorni in attesa della somma del riscatto. Si parla di 400-500 scudi, somma che fu raggiunta con l'offerta anche da parte delle donne di Montelanico, di orecchini, anelli e collane, pur di salvare la vita del Vice Governatore. Il Rossetti non fu sottoposto a sevizie o a maltrattamenti di alcun genere, come è stato tramandato, e non appena fu lasciato libero, potè raggiungere lo zio Alessandro Papi, Governatore di Sezze, che era stato l'intermediario per il riscatto. La famiglia Rossetti restituì poi il corrispondente valore in denaro a tutti coloro che spontaneamente s'erano privati dei propri preziosi. A titolo di gratitudine per il suo «buon servizio», Gasparoni regalò a Iranelli uno dei fucili con cartucciera, portati via dal casale di Rossilli e quindi si diresse verso Poli, dandosi ai consueti bagordi. Dopo qualche giorno si trasferì nelle montagne di Veroli, ma notò che tra i suoi briganti mancava lo Iranelli. Questi, il 6 luglio del 1824, era stato ucciso nel territorio di Patrica da un tal Tommaso di Antonio Bracci che, allettato dalla forte taglia e simulatosi anch'egli brigante, voleva consegnarlo in mano alla giustizia. La testa dell'ucciso, messa in una gabbia di ferro, fu esposta nella pubblica piazza di Montelanico perché, dice fra l'altro un avviso del Governatore Benvenuti della Delegazione di Frosinone, «tale esempio possa servire di remora al probo e di stimolo ai bene intenzionati, affinché si animino nel contribuire ai nuovi e sempre più efficaci sforzi che il Governo sta facendo per estirpare le Bande dei malviventi che infestano le Province di Campagna e Marittima»

Fonte:
Giovambattista Ronzoni
Ricerche sul Basso Lazio
(Arte - Storia – Archeologia – Folklore – Turismo)